





Settimane piene di studio e di emozioni. Dopo essere stata paccata dalla mia classe di fenomenologia queer, e aver avuto la presentazione rimandata di una settimana, siamo riusciti a farla questo giovedì, ed è stata una bella discussione, utile anche per uno dei paper che scriverò in agosto (sempre per lo stesso paper c’è stato un seminario incredibile venerdì sull’ospitalità e sui limiti e le condizioni che il cosmopolitismo inteso kantianamente porta con sé).
(Piccolo shoutout a Fra Lusetti che si è sorbito inutilmente la mia follia per ore, la sera prima della data originale della presentazione, e alla fine non sono riuscita a usare gli screen che abbiamo fatto perché ho avuto pochissimo tempo.)
Mercoledì sera siamo andate a vedere un balletto a teatro che si basa sulle fiabe dei Fratelli Grimm, ed è stato uno spettacolo veramente molto emozionante: ballerini veramente bravissimi, c’era l’orchestra (due musicisti hanno festeggiato 40 anni di carriera), e c’era un’atmosfera leggera, un po’ ricordava Into The Woods.
Ma l’evento decisivo è stato il compleanno. In luglio un sacco di gente ha compiuto gli anni (tra cui la Sere e Zoi), quindi ci siamo dati a un weekend di festeggiamenti: picnic a Klein Nizza, party alcolico al dorm Klara Oppenheimer.
Ieri sera c’è stata la Nacht der Hoffnung, la veglia giubilare nel duomo. Sono arrivata a piedi da Talavera, dove abbiamo fatto un giro per la fiera di St.Kilian (patrono di Würzi), mi hanno accolta due ragazzini che facevano lo staff in piazza, e mi hanno dato la candela da accendere ai piedi dall’altare. Sono rimasta solo per la seconda metà. Hanno questa tendenza a illuminare le cose in modo discutibile (questa volta verde “speranza” fluo), ma è stato molto bello: c’era spazio per confessarsi e per fare colloqui, degli spunti per la preghiera, adorazione, la via crucis con l’ottimo Bischof Franz, e un ricco silenzio.



Fino allo spuntare dell’aurora
Migliaia di anni fa un uomo, dopo aver fatto attraversare il fiume alla sua famiglia, si è trovato a dover lottare per una notte intera, a desiderare una promessa, una benedizione. Una benedizione che prima aveva strappato con l’inganno. Era scappato, aveva cercato di mettere al sicuro ciò che aveva di prezioso, ma era rimasto quel confine di quel fiume, da attraversare. Un luogo liminale. Una soglia.
Per una a cui ha sempre fatto schifo correre, sono bravissima a scappare. Eppure scappare a più non posso sottintende che esista un punto in cui non si può più scappare. L’ho raggiunto. Non posso nascondermi, non posso evitare lo scontro, sono terrorizzata da cosa succederà. Quanto duro sarà il giudizio, quanto impietosa la pena. Da me e da Te, non si può scappare.
Seduta sull’altra riva del fiume.
Ma l’uomo che giunge, nella lotta, mi stringe e mi morde con un desiderio che non ho mai visto. Ritornano le parole che mi sono state regalate un giorno di tanti mesi fa.
Io non ti ho amata per scherzo.
Sono così affamata di contatto fisico, che anche la lotta si trasforma in abbraccio. E ci combattiamo per una notte intera, eterna, ferma. Ci rotoliamo abbracciati, ci mordiamo. Un amore che tocca, che stringe, che gioca, che ferisce irreparabilmente, che marchia a chiama per sè. I visi vicini, i fiati spezzati che si confondono. Quella botta permanente. La promessa di una benedizione all’alba, quando il sole torna a far muovere il tempo in avanti e ci si lascia, si lascia l’eternità.
Ho passato così le ultime settimane, a scappare da Uno che voleva abbracciarmi. Ma anche nella rabbia di aspettative e sogni crollati, davanti a una realtà più fragile. Ma anche nella fatica di affrontare che ero sola. In sintesi, ero un animale in trappola, e cercavo qualsiasi cosa potesse confortarmi, qualsiasi diversivo potesse sospendere quella chiusura lenta a progressiva, quella resa dei conti che si avvicina. Ho paura di scoprire che non sono in grado, ho paura di scoprire che ci sono alcune cose che non si aggiusteranno mai, e mi piace stare nell’illusione che un giorno, magicamente, spariranno. E invece quella gamba non guarirà mai, diventa il segno della lotta, memoriale della notte.
Vedo solo ora l’intimità che c’è nel non parlarsi, nel non vedersi, nel non sentirsi, ma nel conservare uno spazio vuoto nel proprio cuore in cui si sente che l’altro manca. Quanto ci si trattenga su quella sensazione, quanto le preghiere si intensifichino. Quanto ci si frequenti in quello spazio di confine.
Sono stata così arrabbiata e così disorientata. Ma ho detto “non come voglio io, come vuoi Tu” e adesso è il momento di rilassare le spalle e aprire i pugni.
Domenica 13 luglio 2025